Come adattare i materiali DBT per i pazienti sordi

di Stefania Fadda photo Stefania Fadda

L’approccio dialettico-comportamentale (DBT), sviluppato da Marsha Linehan (Linehan, M. 1993) per il trattamento di pazienti con comportamento suicidario cronico affetti da Disturbo Borderline di Personalità, è il primo modello terapeutico con efficacia dimostrata in tale disturbo. Pertanto, è auspicabile che anche i pazienti sordi abbiano accesso al trattamento DBT e, affinché questo avvenga, si rivela necessario l’adattamento dei materiali utilizzati.

Nell’adattare il materiale scritto si dovrà tener conto del bagaglio culturale, del funzionamento psicologico e delle competenze in lingua italiana posseduti dai pazienti sordi. Ad esempio, schede ed esercizi potrebbero essere modificati in tre forme che rispondano a differenti abilità di lettura e comprensione dei pazienti: una prima forma potrebbe rivolgersi a coloro i quali possiedono minime abilità di lettura e comprensione e, pertanto, necessitano di materiale iconico; una seconda forma potrebbe rivolgersi a coloro i quali sono in grado di leggere l’italiano ad un livello elementare ed, infine, una terza forma a coloro i quali leggono l’italiano ad un livello avanzato. Ad esempio, nel modulo dedicato alle abilità nucleari di mindfulness, immagini quali quella di Dorothy e della sfera di cristallo nel “Mago di Oz” aiuterebbero pazienti con povere capacità linguistiche a comprendere l’importanza di osservare prendendo distanza critica da ciò che viene esperito (i pensieri non sono la realtà) (Glickman e Gulati, 2003). Per i pazienti con maggiori competenze linguistiche tali semplificazioni non sono necessarie, tuttavia è consigliabile utilizzare un linguaggio più chiaro e diretto rispetto a quello presente nelle schede rivolte ai pazienti udenti.

Per orientare il paziente alle varie componenti e procedure del programma DBT, i terapeuti utilizzano spesso una varietà di metafore. Queste ultime, per risultare efficaci con i pazienti sordi, devono essere significative in Lingua dei Segni Italiana e tener conto della cultura sorda e delle esperienze di vita peculiari dei pazienti sordi. Devono, quindi, essere di tipo visivo e comprensibili sia da un punto di vista linguistico che concettuale. Ad esempio, quando si introduce l’abilità di “tolleranza della sofferenza mentale/angoscia” si potrebbero utilizzare i cambiamenti del tempo come metafora per lavorare sulle emozioni: è, infatti, difficile controllare il meteo come lo è controllare le proprie emozioni, tuttavia è possibile rispondere efficacemente in situazioni che attivano emozioni forti, così come ci si può preparare ad affrontare il freddo. Quando si introduce l’argomento dell’ambiente invalidante potrebbe essere utile discutere dell’esperienza comune a molte persone sorde di essersi sentite invalidate dal “mondo udente”, in primis dalla famiglia d’origine.

All’interno del modulo “efficacia nelle relazioni interpersonali” vengono spesso utilizzati acronimi quali, ad esempio, “DEAR MAN” il cui fine è quello di ricordare ai pazienti i sette passi che consentono di richiedere ciò di cui si ha bisogno e dire di “no” (Descrivere, Esprimere, Affermare, Rinforzare, Mantenere la Mindfulness, Apparire fiduciosi, Negoziare). Con i pazienti sordi non fluenti in italiano gli acronimi risultano spesso poco utili in quanto il significato viene perso nella traduzione in Lingua dei Segni. Negli Stati Uniti sono stati creati acronimi comprensibili per le persone sorde mediante l’impiego di lettere che formano parole dalla dattilologia nota e associate a segni di uso quotidiano. Ad esempio, l’acronimo “DEAR MAN” è stato modificato in “DEAF CAN”, più semplice da ricordare e adeguato culturalmente. I sette concetti dell’acronimo originale sono rimasti invariati, ma collocati in posizioni differenti e segnati in modo comprensibile per i pazienti sordi (Describe, Express, Ask/Say no, Focus, Confident appearance, Add rewards, Negotiate/suggest).

Rispetto ai pazienti sordi italiani, sia l’adattamento per le persone udenti italiane che quello per le persone sorde americane non si rivela efficace, infatti entrambi mancano di accessibilità linguistica e culturale. Un passo in tale direzione sarebbe, pertanto, auspicabile al fine di rendere la DBT sempre più fruibile da parte dei pazienti sordi.

Riferimenti

Glickman, N., & Gulati, S. (Eds.). (2003). Mental health care of deaf people: A culturally affirmative approach Mahway, NJ: Lawrence Erlbaum.

Linehan, M. M. (1993). Cognitive-behavioral treatment of borderline personality disorder. New York: Guiliford Press.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *