Mindfulness, Controllo esecutivo e regolazione delle emozioni

di Daniele Ferrari
a cura di Mauro Giacomantonio

Nel corso degli ultimi decenni la particolare pratica meditativa chiamata Mindfulness ha stabilmente guadagnato popolarita’ nella cultura occidentale, diventando anche argomento di studi delle scienze psicologiche.
La Mindefulness comprende due sfaccettature: l’attenzione al momento presente e l’accettazione non giudicante di emozioni e pensieri.

I benefici sulla regolazione delle emozioni nel praticare la Mindfulness sono ben documentati, ma il come riesca a migliorare questa capacità non è ancora del tutto chiaro.

Un nuovo collegamento tra la Mindfulness e il miglioramento dell’abilità di regolazione emotiva potrebbe essere rappresentato dal ruolo svolto dal controllo esecutivo (la capacità di attuare un comportamento diretto verso l’obiettivo, mettendo in atto complessi processi mentali e abilità cognitive).

Nello specifico, il suggerimento è che l’attenzione al momento presente e l’accettazione non giudicante, coltivati dalla pratica meditativa, siano cruciali nella promozione del controllo esecutivo perchè icrementano la sensibilita’ ai piccoli segnali emotivi che vengono esperiti (ad es. la ‘fitta’ d’ansia,  rapida e sfuggente, preconscia, che si prova dopo aver commesso un errore). Questa raffinata sintonizzazione e apertura ai sottili cambiamenti favorisce il controllo. In che modo?

Meditare non è un processo di svuotamento della mente, una sospensione dal “sentire”, al contrario, tende a un sentire più chiaro,  l’adozione di una mentalità aperta e non giudicante agisce sulla relazione della persona con le proprie emozioni (considerate ora come eventi mentali transitori piuttosto che riflessi della realtà) e non sulla natura delle emozioni stesse, migliora la capacità di elaborare in modo più adattivo le informazioni emozionali ed a non utilizzare strategie di regolazione emozionale disfunzionali, come l’evitamento, il rimuginio o la soppressione.

La percezione più nitida della discrepanza esistente tra la rappresentazione dello stato attuale e quella dello stato desiderato aiuta a reclutare il controllo esecutivo e, di conseguenza, la capacità di fare aggiustamenti e migliorare la gestione della nostra condotta, attraverso un lavoro di approssimazioni successive tra Attenzione e Accettazione.

Le persone in grado di sentire e accettare l’iniziale “fitta” emotiva saranno anche in grado di mobilitare più rapidamente le risorse di regolazione necessarie, minimizzando le conseguenze negative associate a reazioni emotive irruenti.
Se ad esempio una persona ha come scopo la gestione della propria rabbia, il riconoscimento (chiaro e in anticipo) dello stato fisiologico transitorio (battito cardiaco accelerato), segnala il possibile fallimento dello scopo “gestione rabbia”, innescando il veloce reclutamento delle necessarie risorse regolatorie.

Quali altre conseguenze ipotetiche ci possono essere come conseguenza  di un miglior controllo esecutivo?

Quando i segnali emotivi cessano di essere adattivi diventando reazioni  disadattive ?

La consapevolezza migliora l’esperienza emotiva o consente una maggiore precisione di lettura?

Tra i molteplici effetti della Mindfulness, considerando gli interrogativi che si generano nel tentativo di comprendere i meccanismi che la sottendono, possiamo includere, senza dubbio, lo stimolo alla ricerca scientifica.

 

Per l’ampia bibliografia riferirsi alla pubblicazione originale:

Teper, Segal, & Inzlich, Inside the Mindful Mind, 2013.
http://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/0963721413495869

Il suono del silenzio

di Elena Bilotta

Ricercare la quiete, soffrire la quiete, imparare dalla quiete

In un articolo pubblicato di recente sul settimanale inglese The Economist si affronta il tema del silenzio, descrivendolo nelle sue varie accezioni. L’espressione “religioso silenzio” non è stata formulata a caso, perché la sua pratica è associata principalmente al mondo religioso e al coltivare la pace e la quiete dell’anima. Nella fede, osservare il silenzio vuol dire avvicinarsi alla divinità, riflettere e onorare la sacralità e il mistero della vita. I cristiani solitamente lo scelgono perché credono che esso sia una modalità di ascolto della parola di Dio. Per i musulmani, è una pratica che aiuta a migliorarsi. “Ciascuno può impreziosire se stesso con due abitudini: le buone maniere e il prolungato silenzio”, dice Maometto. Per i buddhisti, è una quiete consapevole e intenzionale e insegna a dominare la mente. Non bisogna però avere per forza un credo religioso per poter apprezzare gli effetti benefici del silenzio. È esperienza abbastanza comune quella dell’assenza di rumori molesti come momento di resilienza e recupero dallo stress. Il rumore, definito come suono indesiderato, è infatti un elemento descritto in psicologia come particolarmente stressante quando è di alta intensità, ma anche quando è incontrollabile e imprevedibile. L’esposizione a un rumore con queste caratteristiche causa nella persona un incremento delle catecolamine, della pressione arteriosa e della conduttanza cutanea: tutti indicatori fisiologici di stress. Il rumore interferisce anche con l’esecuzione di compiti e con la memoria. Leggi tutto “Il suono del silenzio”

Praticare la Mindfulness uscire dalla corrente dei pensieri negativi

di Stefania d’Angerio

 La meditazione sta prendendo sempre più piede nei protocolli di terapia cognitiva. Ma quali sono gli effetti su chi la pratica?

“È davvero straordinario constatare quanto libero ti fa sentire il riuscire a renderti conto che i tuoi pensieri sono soltanto pensieri e non sono te stesso o la realtà”. Il biologo e scrittore statunitense Jon Kabat-Zinn riassume in maniera efficace il comune ritrovarsi immersi nei propri pensieri per poi scambiarli per realtà.

Lo psicologo Paul Watzlawick lo spiega attraverso una storiella: un uomo ha bisogno di un martello e decide di chiederlo al vicino; durante tutto il tragitto pensa che il giorno prima il dirimpettaio non l’aveva salutato perché forse aveva fretta oppure perché era arrabbiato con lui. Eppure, non gli aveva fatto proprio nulla e, se gli avesse chiesto qualcosa in prestito, gliel’avrebbe data di sicuro. Si ripete quanto solitamente lui è disponibile verso gli altri e pensa che se il vicino, invece, è così attaccato al suo martello, che se lo tenesse pure. Arriva e suona il campanello: “Buongiorno”, dice il vicino dopo aver aperto la porta. “Si tenga pure il suo martello, villano!”, risponde l’uomo.

Proprio così funziona la mente umana: non fa altro che costruire ipotesi, teorie, rappresentazioni, che non sempre corrispondono alla realtà. Leggi tutto “Praticare la Mindfulness uscire dalla corrente dei pensieri negativi”

Riflessioni sull’uso indiscriminato della meditazione

di Katia Tenore

Un uso eccessivo e aspecifico delle pratiche meditative può portare a esiti non auspicabili

La meditazione è una antica pratica spirituale, di cui si trova traccia già nei trattati vedici, antichissime raccolte sanscrite risalenti al 2000 a.C..

In sanscrito, la pratica della meditazione è chiamata “Dharana” e si riferisce allo stato in cui un flusso attentivo intermittente si indirizza su un oggetto. Quando il flusso diviene continuo, viene definito “Dhyana”, stato che precede il “Samadhi” (letteralmente: “sono come il più alto”, cioè in unione con l’Assoluto).

Nella tradizione Buddhista, importata in maniera diffusa in Occidente insieme con la tradizione Zen, la meditazione “Samatha” ha lo scopo di conseguire una dimensione di pacificazione interiore ed è propedeutica alla meditazione “Vipassana” che, in lingua pali, allude a una “visione profonda, intensa e potente”, come una torcia che fa luce su qualcosa di opaco.

Ma cosa succede se si illumina qualcosa che non si è in grado di gestire? Può questo metodo essere idoneo per tutti?

Nell’uso moderno, con la parola “meditazione” ci si riferisce al fare esperienza di sé, al processo di autorealizzazione, ma anche a una pratica spirituale per raggiungere la verità ultima. Il risultato è che questo termine è divenuto un calderone in cui concetti come rilassamento, distacco, consapevolezza, autenticità, trascendenza, verità, benessere, si sfumano così tanto da diventare una miscellanea informe. Leggi tutto “Riflessioni sull’uso indiscriminato della meditazione”

Mindfulness, un approccio alla meditazione consapevole

di Stefania Fadda

La ricerca scientifica ne conferma l’efficacia nei disturbi depressivo, d’ansia, dell’alimentazione e nella prevenzione della ricaduta nelle dipendenze

Mindfulness” è una parola inglese, il cui significato letterale è “pienezza della mente”, che fa riferimento a una meditazione consapevole in contesti di vita quotidiana, contro stress, ansia e depressione. La definizione classica di questa pratica è quella di Jon Kabat-Zinn, uno dei pionieri di questo approccio: “La mindfulness è la capacità di portare l’attenzione in modo intenzionale sull’esperienza vissuta momento per momento, in modo non giudicante”. Secondo l’Associazione Italiana per la Mindfulness, è “un modo per coltivare una più piena presenza all’esperienza del momento, al qui e ora”. mindfulness
La sua diffusione sta assumendo dimensioni globali, anche grazie ai risultati ottenuti dalla ricerca scientifica, i più recenti dei quali sono stati presentati nell’ambito della Seconda Conferenza Internazionale sulla Mindfulness, tenutasi a maggio scorso a Roma.Tra i lavori proposti, “Mindfulness Meditation and Evidence of Brain Changes Implications for Psychopathology” individuava le aree e i circuiti cerebrali coinvolti nella pratica della mindfulness, i meccanismi mediante i quali agisce, le funzioni psicologiche e i disturbi nei quali tali funzioni risultano essere particolarmente rilevanti. Leggi tutto “Mindfulness, un approccio alla meditazione consapevole”