Follower e haters: uguali o diversi?

di Sonia Di Munno

Gli adolescenti e i social media: il tema del confronto e dell’invidia nei social media

L’uso dei social network è una delle attività preferite dagli adolescenti e, negli ultimi dieci anni, è diventata importante per la connessione, la comunicazione e la socializzazione con gli altri, nonché un modo per rafforzare l’identità ed esprimere la propria opinione. 

Indagando gli aspetti positivi dei social è emerso che: diminuiscono lo stress, attraverso la distrazione che permette una pausa dalla pressione lavorativa; aumentano la percezione di un sostegno sociale, grazie alla facilità nel rimanere in contatto e di fare nuove amicizie; permettono di esprimere i propri pensieri e contenuti e di auto-presentarsi. D’altro canto, l’uso e, soprattutto, l’abuso dei social ha fatto emergere effetti negativi come: l’hikikomori, vale a dire l’isolamento sociale, poiché si delegano alla sola esperienza virtuale i contatti e le amicizie;  la diminuzione dell’efficienza lavorativa; la crescita di fenomeni dannosi come il cyberbullismo, il sexting, il ricatto, la dipendenza da internet, dai videogiochi e dai giochi d’azzardo online.

In concomitanza con l’utilizzo dei social media, si è vista incrementare nelle persone,  in maniera particolare negli adolescenti, l’emozione dell’invidia tra pari, scaturita da un costante confronto sociale basato anche su falsi miti di felicità e benessere.

Lo psicologo e sociologo statunitense Leon Festinger, nella sua “teoria del confronto sociale”, ha dimostrato che gli individui sono motivati ​​a confrontarsi con i simili per valutare le proprie capacità e prestazioni e che, sebbene ciò avvenga comunemente con colleghi, familiari e amici nella vita quotidiana reale, il paragone è amplificato nei social media, dove c’è una maggiore tendenza a esporre le proprie caratteristiche positive. Il lavoro accurato e continuo per mantenere la propria identità e reputazione sui social media può suscitare ansia, bassa autostima e problemi di depressione soprattutto negli adolescenti che sono più invischiati in questo meccanismo. Nell’accentuato confronto sociale, trova terreno fertile l’emozione dell’invidia definita come “una miscela spiacevole e spesso dolorosa di sentimenti causati da un confronto con una persona o un gruppo di persone che possiedono qualcosa che desideriamo” oppure come “un’emozione dolorosa che deriva dal confronto con qualcuno che possiede qualcosa che noi vorremmo”. 

Da uno studio su 250 teenagers dai 13 ai 19 anni, è emerso che gli adolescenti che usano con più intensità i social media (misurata in termini di percezione di attaccamento agli stessi, più che dall’uso effettivo) sono anche più propensi all’invidia e al confronto, soprattutto se vivono in contesti molto competitivi. La tendenza ad avere un maggiore confronto con gli altri, infatti, non nasce solo dai social network, che ne sono un terreno fertile, ma può avere origine nell’educazione genitoriale, che spesso tende a comparare i propri figli con i compagni di scuola. Un comportamento che porta gli adolescenti a sviluppare personalità e comportamenti negativi come gelosia, rivalità e perdita di fiducia in se stessi, conducendoli a essere più inclini all’invidia, più suscettibili alle critiche e a impegnarsi di più nell’autopresentazione e promozione di sé. La tendenza a provare più confronto sociale e invidia dipende anche dal tipo di relazioni che si instaurano con i pari. La competizione e concorrenza attiva il sistema motivazionale interpersonale del rango che è alla base dell’idea che essere più forti e superiori dell’altro porti a un maggiore accesso alle risorse disponibili; per avvenire ciò, l’altro deve riconoscere questa superiorità attraverso l’ammirazione; al contrario, quando si pensa di avere delle caratteristiche o qualcosa che gli altri non apprezzano, c’è una diminuzione di autostima e sensazione di inferiorità o invidia. Per questo motivo trovarsi in un gruppo di pari in cui è forte il tema del confronto e della competizione induce una forte pressione psicologica nell’adolescente e a provare più invidia nei confronti degli amici. 

Non sono i social media, dunque, a scaturire negli adolescenti il tema del confronto e dell’invidia. Ma sono certamente un contesto fecondo per il proliferarsi di comportamenti negativi appresi nell’ambiente sociale di appartenenza.

Per approfondimenti

Peerayuth Charoensukmongkol (2018), The Impact of Social Media on Social Comparison and Envy in Teenagers: The Moderating Role of the Parent Comparing Children and In-group Competition among Friends; J Child Fam Stud 27:69–79

Shunyu Li, Hao Lei, Lan Tian (2018); Social Behavior And Personality, 46(9), 1475–1488 Scientific Journal Publishers Limited. All Rights Reserved, https://doi.org/10.2224/sbp.7631

Stefano Eleuteri , Valeria Saladino e Valeria Verrastro (2017). Identity, relationships, sexuality, and risky behaviors of adolescents in the context of social media; sexual and relationship therapy, vol. 32, nos. 3–4, 354–365; https://doi.org/10.1080/14681994.2017.1397953

Un “like” che ti cambia la vita

di Monica Mercuriu

Studi sulle risposte neurali e comportamentali negli adolescenti ai social media

Elisa è una ragazza di 15 anni, bella e intelligente, ma questo lei lo ignora da tempo. Elisa trascorre gran parte della giornata al telefono, postando foto su Instagram, controllando quanti like riceve al minuto e cercando di capire come sorprendere i suoi followers con la prossima foto.

Molta della sua autostima dipende da quei like, che per lei rappresentano l’approvazione, l’ammirazione dei suoi pari, e poco importa se a volte ciò che mostra nella foto è sanzionabile o rischioso: un tornaconto in termini di  popolarità è ciò che lei si aspetta di ottenere.

Elisa è, come tanti altri adolescenti, un fruitore entusiasta e attento dei vari social media che spopolano nel web. Se circa il 90% dei giovani adolescenti americani si dichiara un utente attivo, molte domande sorgono circa gli effetti dell’uso dei social media su un cervello in via di sviluppo come quello di un adolescente. Tuttavia sono pochi gli studi che hanno effettivamente analizzato i meccanismi neurali alla base del loro uso.

L’adolescenza è particolarmente importante per lo sviluppo cognitivo e sociale: è un periodo delicato della vita, durante il quale i giovani sono sintonizzati in modo univoco con la complessità delle relazioni interpersonali. Regioni sottocorticali funzionalmente associate all’elaborazione delle emozioni e alla ricompensa subiscono notevoli cambiamenti e riorganizzazione durante la pubertà; il sistema dopaminergico e
le regioni correlate nello striato sono potenziali meccanismi alla base di due caratteristiche importanti dell’adolescente: l’escalation nei comportamenti a rischio e l’aumento del desiderio di trascorrere del tempo con i pari e guadagnarne l’approvazione.

Uno degli strumenti dei social media è la possibilità di mettere un like a un’immagine, un  testo o altri tipi di informazione, consentendo una semplice e rapida misura di approvazione da parte dei pari. Per gli adolescenti, particolarmente attenti all’opinione pubblica, questa “sostenibilità sociale quantificabile” può fungere da potente motore.

Un interessante studio, condotto all’Università della California da Lauren E. Sherman e collaboratori, ha studiato i correlati neurali della visualizzazione di fotografie con molti o pochi like per valutare il ruolo dell’approvazione sociale quantificabile nell’influenza tra pari. Sono stati reclutati campioni di adolescenti per partecipare a un social network interno che simulava Instagram: i partecipanti hanno postato le proprie fotografie credendo che tutte le immagini sarebbero state viste e valutate dagli altri partecipanti. I ricercatori hanno ipotizzato che il numero di like visualizzato sotto ogni foto potesse influire sulle risposte dei partecipanti; in modo particolare, i partecipanti avrebbero dovuto gradire di più le foto che avevano ottenuto più like, astenendosi dal gradire le foto meno popolari. I ricercatori hanno inoltre ipotizzato un’attivazione neurale maggiore del nucleus accumbens negli adolescenti che guardavano le proprie foto con maggior numero di like.

E così è stato: i risultati dello studio hanno mostrato come gli adolescenti erano più propensi ad amare una fotografia – anche se raffigurante comportamenti rischiosi come fumare marijuana o bere alcolici – se aveva ricevuto più like dai coetanei e questo effetto era particolarmente forte per le foto che loro stessi avevano fornito.

L’adolescenza è un periodo della vita durante il quale l’auto-presentazione è particolarmente importante, anche sui social media, quindi questo effetto significativamente maggiore può riflettere l’importanza relativa alla presentazione di sé e fornire alcuni feedback agli altri. Le regioni di maggiore attività comprendevano aree implicate nella cognizione sociale e nei social memories, tra cui il precuneus, la corteccia prefrontale mediale e l’ippocampo così come il giro frontale inferiore, implicato nell’imitazione. Per le fotografie dei partecipanti e degli altri, è stata osservata una maggiore risposta della corteccia visiva a molti like. L’attivazione aumentata suggerisce che i partecipanti possono avere scansionato le immagini popolari con maggiore attenzione. Presi insieme, i risultati di imaging suggeriscono che gli adolescenti percepiscono le informazioni online in modo qualitativamente diverso quando credono che queste informazioni siano valutate più gradite dai pari.

Inoltre, quando gli adolescenti hanno osservato fotografie rischiose (rispetto a quelle non rischiose), l’attivazione nella rete di controllo cognitivo è diminuita. Questi risultati evidenziano i possibili meccanismi alla base dell’influenza dei pari durante l’adolescenza e costituiscono una base di ricerca importante per comprendere i fenomeni di adesione a comportamenti rischiosi attraverso la socializzazione non attiva ma virtuale.

Per  approfondimenti

The power of the “like” in adolescence: Effects of peer influence on neural and behavioral responses to social media

Lauren E. Sherman1,2, Ashley A. Payton3, Leanna M. Hernandez2,3, Patricia M. Greenfield1, and Mirella Dapretto.

Psychol Sci. 2016 July ; 27(7): 1027–1035. doi:10.1177/0956797616645673.

Benvenuti nell’Era degli a-social network

di Benedetto Astiaso Garcia

Sono rimasto per qualche ora senza connessione internet e ho conosciuto delle persone stupende qui a casa. Dicono di essere la mia famiglia” (Anonimo)

L’interazione tra l’uomo e la tecnologia diviene ogni giorno più articolata e complessa, modificando significativamente la modalità dell’individuo di comportarsi, percepirsi, pensare ed entrare in relazione. L’epoca attuale, infatti, conferisce alla mente umana la capacità di creare nuovi mondi, delineare spazi tra il sogno e la realtà e configurare interi universi di esperienza completamente svincolati dalla dimensione materiale, estendendo il Sé e modificando in maniera rilevante le condizioni della coscienza.

Proprio come ogni forma di dipendenza patologica, tuttavia, un eccessivo utilizzo di piattaforme virtuali sviluppa sintomi di “craving” (impulsività nel ricercare l’oggetto gratificante), tolleranza e astinenza, contribuendo all’insorgenza di disturbi d’ansia, pensieri fissi, depressione, attacchi di panico, disturbi del sonno, cali prestazionali di attenzione e concentrazione, isolamento e fenomeni dissociativi.

I comportamenti maladattivi e compulsivi, connessi a una precoce ed eccessiva familiarizzazione con la rete, catturano l’individuo in un universo idealizzato e fantasmatico, inducendolo inesorabilmente a sacrificare impegni e relazioni appartenenti alla vita reale.

Affrontare tematiche connesse alla realtà virtuale non significa demonizzare il progresso o gli enormi ed evidenti benefici a esso connessi, ma solamente osservare in modo critico e consapevole comportamenti che giorno dopo giorno divengono abitudinari e caratterizzanti della nostra epoca, come dimostrato da innumerevoli ricerche sull’utilizzo di internet e dei sociali network effettuate in Italia e negli Stati Uniti:

  • In Italia solamente 4 persone su 100 non si connettono quotidianamente ad Internet;
  • In Italia, in media, ogni persona trascorre 4 ore al giorno su internet;
  • Oltre il 20% dei bambini delle scuole elementari italiane naviga su internet quotidianamente;
  • Il 75% dei bambini delle scuole elementari italiane utilizza computer o tablet con regolarità;
  • Il 76% degli studenti americani usa Facebook in classe;
  • Il 40% dei soggetti americani usa Facebook alla guida;
  • Il 63% dei soggetti americani usa Facebook durante le conversazioni faccia a faccia;
  • Il 65% dei soggetti americani usa Facebook durante l’orario di lavoro;

La tendenza a vivere sempre più frequentemente in una rappresentazione della realtà, piuttosto che nella realtà stessa, diventa la principale modalità attraverso cui l’individuo cerca di esprimere o superare il proprio malessere, alterando la nozione spazio-temporale e favorendo una totale perdita di controllo nella gestione dell’esperienza tecno-indotta.

In questo modo, il mondo virtuale diviene garante di un’illusoria e fraudolenta promessa di atemporalità, perfezione e infallibilità destinata a deragliare presto in alienazione, solitudine e disillusione nei confronti di relazioni tanto idealizzate quanto impalpabili e deludenti. Il sano desiderio di incrementare la propria autostima, sentirsi parte di qualcosa, aumentare la propria rete relazionale e liberarsi dalla schiavitù del giudizio altrui produce un effetto paradosso di isolamento, paura e incomunicabilità.

Diventare dipendenti dalla “droga virtuale” significa perdere un orizzonte di significato, sviluppando un profondo senso di estraneità, intolleranza, irritabilità e disgusto verso il mondo reale, troppo faticoso e frustrante per poter essere affrontato.  La stessa realtà virtuale, inizialmente percepita come una panacea dei propri limiti e delle proprie sofferenze, finirà poi con il deludere profondamente la persona, catapultandola in un limbo onirico e depressivo in cui sperimenterà uno struggente senso di mancata appartenenza  verso entrambe le realtà, materiale e virtuale.

Avevamo così tanta voglia di essere vicini che non siamo mai stati così lontani: i pochi momenti di autentica intimità familiare e sentimentale si sono ormai ridotti a una cena a lume di smartphone.

 

Per approfondimenti:

– Caretti V. e La Barbera D., “Le Dipendenze Patologiche”, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2005

– Dati Istat 22 Giugno 2016;

– Ricerca Digital 2016;

– Ricerca Saremi e Turel, University of South California, 2016;